di Sonia Sbolzani
“Il profumo ha una forza di persuasione più convincente delle parole, dell’apparenza, del sentimento e della volontà” scriveva Patrick Süskind nel suo celebre romanzo “Il profumo”. Il legame tra il profumo e Venezia è antico e solido, tanto che Palazzo Mocenigo (celebre museo e sede del Centro Studi di Storia del Tessuto e del Costume) ha concepito un raffinato percorso museale dedicato al profumo con ben 5 sale espositive, di cui una evoca il laboratorio rinascimentale di un “muschiere” (così era chiamato il profumiere per il fatto di utilizzare tra gli ingredienti il costosissimo muschio animale, estratto dalla ghiandola di un piccolo cervide).
La storia profumiera della Serenissima, i cui scambi commerciali sin dalle origini coinvolsero la cosmesi orientale e bizantina, è millenaria e affascinante. Attraverso il sistema delle mude – carovane navali che periodicamente venivano organizzate per i trasporti delle merci tra Oriente e Occidente – Venezia divenne rapidamente la capitale delle essenze: nuove tecniche di produzione, come quella di diluire le sostanze oleose in acquavite per renderle vaporizzabili, portarono ad un’evoluzione del mercato in senso “capitalistico”, al punto che i profumi veneziani conquistarono tutte le corti europee. Nel 1555 in particolare venne pubblicato “Secreti nobilissimi dell’arte profumatoria”, celebre ricettario di Giovanventura Rosetti con oltre 300 formule per prodotti di bellezza, tra cui saponi, acque odorifere per la casa e ciprie. Il volume, che è il primo catalogo in Occidente ad essere compilato con approccio scientifico, è da sempre proprietà della famiglia Vidal (quella del “Pino silvestre”), la cui società Mavive ha stipulato un accordo di partnership con la Fondazione dei musei civici veneziani.
Al piano nobile di Palazzo Mocenigo, che una decina di anni fa è stato oggetto di una squisita ristrutturazione orchestrata dal grande Pier Luigi Pizzi, le cinque sale consacrate al profumo vedono l’alternarsi di strumenti multimediali e di esperienze sensoriali per offrire un’innovativa formula di informazioni e allo stesso tempo di emozioni e suggestioni. Un video illustra il ruolo di Venezia nella storia essenziaria, mentre nell’atelier “alchemico” di un muschiere, perfettamente riprodotto, vengono illustrati materie prime e procedimenti; quindi una mappa olfattiva descrive le “Vie delle Spezie” percorse dagli antichi veneziani. Viene presentata poi una straordinaria collezione di flaconi e boccette della Collezione Monica Magnani, composta da portaprofumi di diverse epoche, materiali, provenienze e tipologie. Infine, l’inebriante visita si conclude con la possibilità di sperimentare le grandi “famiglie olfattive” dalle quali hanno origine le varie fragranze.
Ci piace ricordare qui una recente iniziativa di Palazzo Mocenigo, che ha proposto con successo un ciclo di conferenze su “Il profumo e le donne nell’arte dal 1500 al 1900”, che hanno visto dialogare tra loro Anna Messinis, autrice del volume “Storia del Profumo a Venezia” (2017), Érika Wicky, storica dell’arte presso la Bibliotheca Hertziana, Roma-Max Planck Institute for Art History, Sara Tonelli, responsabile del gruppo di ricerca in Digital Humanities, Fondazione Bruno Kessler, Trento, Elena Granuzzo, docente dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, Pasquale Lisena, ricercatore nel campo della data science presso Eurecom, Sophia Antipolis, Francia, Stefano Menini, ricercatore del gruppo di Digital Humanities, Fondazione Bruno Kessler, Trento, Michela Martina Nardi, fondatrice di Essenziarte e curatrice di eventi.
Il percorso di narrazione tra storia del profumo e artiste donne ha preso il via dal desiderio di raccontare la tradizione di un elemento intangibile come il profumo che oggi è pienamente entrato nella nostra vita, al punto che quasi non ce ne accorgiamo, ma che in realtà è frutto di mutamenti sociali, etici, di stili di vita tali da avere accompagnato l’evoluzione della società. Quindi l’epopea del profumo e quella delle donne nell’arte sono due storie che si intrecciano inesorabilmente, accomunate dalla passione femminile per ciò che è etereo, immateriale, emozionale, ovvero per i pensieri ed i sentimenti che una essenza o una forma artistica possono suscitare nell’animo umano. Allo stesso tempo, le due vicende sono espressione di grande forza di volontà, ossia determinazione a ideare e creare, anche andando contro l’ordine precostituito.
Fra i temi trattati, ciascuno dei quali declinato in vari modi e da punti di vista diversi, “Il XVI e XVII secolo: l’inizio della sperimentazione e la nascita dei «profumieri»”, “Il XVIII secolo: la ricerca della cura del corpo attraverso il profumo e l’avvento della presenza femminile nell’arte”, “Il XIX secolo: la riscoperta dell’acqua, il ruolo del profumo nella società e l’affermazione della presenza femminile nell’arte”, “Il XX secolo: il profumo verso la Modernità e le icone artistiche femminili”.
Non dimentichiamo che il primo profumiere della storia fu proprio una donna, la mesopotamica Tapputi, vissuta intorno al 1200 a.C., che fu tenuta in grande considerazione al punto da essere nominata supervisore di palazzo e membro della ristretta cerchia del Re di Babilonia.
“Colui che dominava gli odori, dominava il cuore degli uomini” (Patrick Süskind).